LA FAVOLA DI MATTEO
C’era una volta, in un regno incantato, un re e una regina. Erano giovani, felici, sapevano amministrare con giustizia e avevano un figlio bellissimo. Ma, cari lettori, la nostra storia inizia qualche anno prima, il giorno in cui i due si conobbero per la prima volta.
Eleonora aveva incontrato Riccardo all’età di dodici anni, si era persa nel bosco, povera piccola e ricordo che piangeva quella volta.
Lui era alto, biondo, con gli occhi chiari, la udii piangere e così la cercò tra gli alberi neri. Quando la trovò, le sorrise e lei, timidissima, diventò di un rossore tale, che mi ricordò un pomodoro maturo. Riccardo le tese la mano, che lei afferrò titubante, per aiutarla ad alzarsi; la accompagnò fuori da quel labirinto di piante scure e guardandola negli occhi disse: “Io sono Riccardo, tu come ti chiami?”.
Eleonora non seppe rispondere, la sua timidezza vinse ancora e così scappò da quel bellissimo ragazzo per rifugiarsi nella sua tana.
La sua tana era un meraviglioso castello, tutto rosa e viola chiaro. Aveva una stanza da letto enorme, con un armadio a dieci ante bianco come lo zucchero filato e un letto a baldacchino rosso bordeaux.
Era piccola, ma sarebbe cresciuta in fretta; all’età di venti anni avrebbe scoperto di essere già promessa sposa e indovinate di chi? Sì, il principe Riccardo, figlio del re Leonardo, sovrano del regno adiacente al regno di re Alessandro, il padre della nostra principessina Eleonora. Potete immaginare la sua felicità, le nozze si svolsero con grandi festeggiamenti che durarono giorni e giorni. I due erano perfetti l’uno per l’altra e seppero governare con giustizia e armonia. Il popolo li adorava. Ma la vera felicità dei due arrivò quando la regina Eleonora si accorse di essere incinta.
Nacque un bel maschietto e decisero di chiamarlo Matteo.
Matteo crebbe con l’amore dei suoi genitori che lo viziarono come un sultano. Nella sua stanza aveva un sacco di fucili, gli piaceva cacciare e una stanza del palazzo fu riservata ai suoi attrezzi da palestra.
All’età di ventidue anni era già un bestione, con muscoli ovunque, anche dove non batte il sole, era il sogno di ogni ragazza del regno.
Ma nessuna di loro era mai riuscita a fare breccia nel suo cuore.
Matteo era amato da tutti, aveva un bel fisico e ogni volta che andava a caccia tornava con una preda catturata.
Tutto per lui era perfetto, ma non era felice, gli mancava qualcosa, una donna forse.
Decise di partire, voleva andare in cerca di qualcosa che riuscisse a riempire il vuoto nero dentro di lui.
Partì il dodici Aprile di quell’anno lontano, in sella al suo cavallo nero. Il suo Reginald era un purosangue di razza araba, correva più veloce del vento ed aveva un’ andatura elegante. Tra lui e il nostro principe c’era un intesa particolare che li teneva uniti anche nelle impervie.
Viaggiarono per giorni, cavalcando di giorno e accampandosi di notte. Superarono un deserto arido e una valle profumata, si fermarono per ripararsi dalla pioggia violenta e per lasciarsi cullare dal vento fresco. Poi arrivò in quel piccolo paesino chiamato “profumo di rosa” dove si fermò per rifocillarsi.
Era il ventuno Aprile, il primo giorno di primavera e prima di entrare nella taverna, Matteo vide una rondine attraversare il cielo velocemente. Sorrise a quella vista magnifica e con quel suo sorriso sognante entrò nella taverna.
Fu lì che capì quello che cercava, era lei, era lei che aveva sempre sognato.
La cameriera era bassina, con i capelli castani, spettinati, due occhi marroni come il cioccolato al latte e le labbra incatenate in un sorriso irresistibile.
– Cosa ti porto? –
Matteo rimase estasiato da quella voce soffice come un cuscino di piume.
– Un risotto con il tonno, senz’olio, grazie. –
Lei lo guardò, sembrava preoccupata, mi ricordo quella sua espressione sulla faccia, mi stupì un sacco, era la prima a preoccuparsi della salute del principe.
Anche Matteo se ne accorse e cominciò a chiedersi se non fosse veramente lei la sua metà. Ma nemmeno lei riusciva a riempire quel vuoto dentro lui.
La cameriera tornò con il risotto e sorrise nuovamente al principe.
– Non sarà un po’ poco per te? Con tutta quella massa muscolare che hai, dovresti mangiare qualcosa di più nutriente. –
Lei appoggiò il piatto tra le mani di Matteo, sfiorandole appena.
Lui colse l’attimo e, dolcemente, fermò la mano di lei nella sua.
Lei lo guardò dritto nei suoi occhi verdi, con uno sguardo penetrante come un proiettile, lui arrossì, addolcendo la sua faccia e liberando un timido sorriso.
Lei si sedette sulla sedia accanto a lui e si presentò.
– Mi chiamo Claudia. Posso sapere il tuo nome? –
Era educata e aggraziata ma anche forte e sicura di sé.
– Matteo, lieto di fare la tua conoscenza! –
C’ero anche io lì, in un angolino della taverna a spiare quella scena dolcissima.
Lei arrossì e posò l’altra mano su quella di Matteo, lui trovò coraggio in quel piccolo gesto e baciò Claudia.
Per loro il tempo si fermò a quel bacio, li legò in maniera irreversibile.
Un mese dopo, lui le chiese di diventare la sua fidanzata e lei accettò di buon gusto.
Lei era una scrittrice, parlava in modo chiaro e usava sempre un sacco di sinonimi e concetti astratti per spiegare sempre ciò che diceva.
Lui si allenava spesso, con i pesi e con la panca.
Lei era piccolina, lui era un gigante a confronto ma si amavano e questo li rendeva inseparabili.
Un anno dopo, lui le chiese di sposarlo, lei era entusiasta ma non disse di sì, esclamò:
– Pensavi di aspettare ancora molto? –
Lei era simpatica riusciva sempre a far ridere il suo principe che proprio per questo motivo aveva perso la testa per lei.
Tornarono al castello di re Riccardo per preparare le nozze, ma lui non c’era più.
Quando Matteo entrò nel castello, non c’era suo padre ad aspettarlo, ma solo sua madre con gli occhi rossi e il fazzoletto in mano.
Riccardo si era ammalato di un virus che lo aveva portato alla morte e purtroppo, anche la madre ne era affetta. Sarebbero passati pochi giorni prima che lei morisse.
Dopo la morte di entrambi i re, Matteo divenne re di quell’immenso regno. C’era solo una ragazza che voleva come regina, così la cerimonia per l’incoronazione del re e della regina finì con il matrimonio dei due, acclamato da tutto il popolo.
Lui, come regalo di nozze, le regalò un cucciolo di cane.
Lei, invece, gli regalò un pianoforte.
Matteo non aveva mai visto tale oggetto ma sembrava che avesse sempre saputo che esistesse.
Si sedette, posò le sue mani sui tasti bianchi ed esclamò:
– Raccontami qualcosa. –
Si conoscevano bene, si capivano con un solo sguardo e lei intuì subito il significato della sua affermazione.
– Una notte, buia e tempestosa, con lampi gialli che squarciano il cielo e un vento tanto forte da spezzare le querce. La pioggia cade a gocce grandi come palle da golf. E la grandine picchia come un martello su un chiodo. –
A quelle parole lui chiuse gli occhi e cominciò a battere su quei tasti, creando una sinfonia stupenda.
Claudia era estasiata.
Matteo era riuscito a riempire il vuoto nero dentro di sé.
Qualche anno dopo arrivò anche il loro primogenito, il primo di una lunga serie. Ah, stavo per dimenticarmi, il cane lo chiamarono Lucky.
E vissero per sempre felici e contenti.
FINE
LittleCrazyB.